Hammemet di Gianni Amelio è quasi una lunga seduta psicanalitica nella testa, piena di contraddizioni, dell’ultimo Bettino Craxi.
Uscito nel 2020 e attesissimo, quantomeno per la trasformazione che ha travolto il protagonista Pierfrancesco Favino, Hammamet è una pellicola evanescente, che ruota intorno ad un uomo che tutti conoscono, ma che quasi nessuno ha conosciuto davvero.
Volutamente distante dall’intento politico e militante, con questo biopic il regista sceglie di raccontare l'”uomo” Craxi, pur non chiamandolo mai con il suo nome, ma sempre e solo Presidente. Nessun altro personaggio, in realtà, viene nominato esplicitamente, fatta eccezione per la figlia chiamata qui Anita, per rifarsi al Garibaldi che Craxi tanto ammirava; c’è poi Fausto, personaggio inventato, un ragazzo malato mentalmente, che sembra quasi essere la colpa del Presidente che torna a trovarlo con sembianze deliranti e una pistola nello zaino.
Hammamet: recensione del film biografico di Gianni Amelio

Il film si apre durante il Congresso del Partito Socialista Italiano del 1989, ma solo per mostrare al pubblico uno scorcio, un’occhiata del potere e del consenso che Craxi tratteneva nelle sue mani, le stesse che poco dopo finirono al centro delle inchiesta Mani pulite.
Di politica però ce n’è poca, al centro della pellicola c’è il declino, la latitanza, la fine di un uomo che si proclama colpevole e innocente, allo stesso tempo. Colpevole tra i colpevoli e quindi non diverso da tutti gli altri che puntavano il dito contro di lui.
Tutto ambientato in Tunisia, nella grande tenuta in cui Craxi si rifugiò dopo il tracollo, il film indaga intimamente un uomo vizioso, corroso dal cibo, dal potere, dai soldi e dalle donne; vizi che potrebbe ancora permettersi, ma che ormai sembrano non dargli più alcun piacere. Tra realtà, sogni, deliri, sensi di colpa e di onnipotenza, il Presidente decide di raccontarsi davanti alla telecamera di Fausto, figlio di un suo collaboratore del partito, morto suicida per la vergogna dello scandalo che li aveva travolti.
Hammamet è una pellicola impalpabile, che mette sul piatto argomenti imponenti ma che sembra sfiorarli soltanto, passandogli vicino per poi perdersi nel bianco dei campi lunghi dell’immensa tenuta in Tunisia. Un grande politico decaduto, un leader senza i suoi sottoposti, un uomo malato che rimane attaccato a quello spettro di vita che gli è rimasta. Il rapporto padre-figlia, fatto di grande amore e accudimento, è emozionante quanto ambiguo: Anita vuole salvare suo padre anche se non può nascondere l’evidenza dell’uomo.

La perfetta mimesi di Pierfrancesco Favino
Il grande merito della pellicola è sicuramente l’interpretazione di Favino: straordinario, riconoscibile solo nella sua bravura e colonna portante di tutto il racconto. Circondato da un cast decisamente non all’altezza, Favino è letteralmente diventato Craxi: perfetto nei movimenti, nell’accento, nello sguardo e nella grandezza. Una prova attoriale meravigliosa, che vale quasi tutto il film.
Come anche per le musiche di Nicola Piovani, perfettamente calate nell’atmosfera e che restituiscono quell’alone di dramma che procede lento per tutta la durata della pellicola.
Hammamet, in quasi due ore, sembra parlare di tutto questo ma anche di nessuna cosa, è una lenta parabola discendente fino alla morte del Presidente, in esilio in una terra da dove, se c’era bel tempo, si vedeva l’Italia.
Hammamet è nostalgia, è senso di colpa, è giustificazione per azioni compiute ma poco ammesse, è un film lento che scava nelle contraddizioni di un uomo arrogante ma anche arreso. C’è il metaforico magna-magna davanti ad un piatto di spaghetti, c’è la derisione di un popolo a cui il Presidente diceva di aver sottratto solo le sue monetine, c’è paura e tutte le innumerevoli emozioni che un leader deposto, spogliato della sua grandezza, può provare.
[…] nel rappresentare il presente attraverso il passato, questo ultimo lungometraggio di Gianni Amelio si distingue innanzitutto per la grande attenzione alla componente umana. Primi piani sui volti […]
[…] Rosi (1962), per continuare con Il Divo di Sorrentino (2008), Il Traditore di Bellocchio e Hammamet di Gianni Amelio (2020). Oltre ai soggetti “politici”, tra gli italiani c’è anche il Volevo nascondermi […]