La cineasta bosniaca Jasmila Zbanic – che già è stata apprezzata da pubblico e critica alla Berlinale 2006, quando il suo Il Segreto di Esma è stato insignito dell’Orso d’Oro – ha piacevolmente sorpreso il pubblico lidense alla 77° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia con Quo vadis, Aida?, la sua ultima fatica, ispirata a fatti realmente accaduti e attualmente nominata agli Oscar in qualità di Miglior Film Straniero.
Anche in questo caso, dunque, ci viene raccontata la sua amata Bosnia. Anche in questa occasione ci viene mostrato sullo schermo un importante capitolo di storia.

Serebrenica, Bosnia. Luglio 1995. Aida (impersonata dall’ottima Jasna Duricic) lavora come interprete per conto delle Nazioni Unite. Affinché suo marito e i suoi due figli possano salvarsi, la donna tenta in tutti i modi di coinvolgerli come collaboratori nel corso delle trattative con i serbi. Le cose, tuttavia, non saranno così semplici.

Vero focus di Quo vadis, Aida? è la storia di un popolo, di tanti popoli costretti a vivere loro malgrado la guerra e costretti pertanto a odiarsi nonostante un passato di pacifico vissuto comune. Nel film viene inoltre fatta una forte accusa nei confronti dell’ONU e attraverso la storia di una donna assistiamo alle storie di migliaia e migliaia di altre persone.

Aida non si ferma praticamente mai. E con fare zavattiniano la macchina da presa la segue costantemente nelle sue corse all’interno del campo di guerra facendoci sentire immediatamente parte di quel mondo crudo e doloroso che viene qui rappresentato. Jasmila Zbanic, dal canto suo, si avvale di una regia minimalista e di un sapiente lavoro di sottrazione grazie al quale riesce a evitare ogni retorica, spesso relegando (in modo assai coraggioso) massacri e sparatorie esclusivamente al fuori campo.

E tutto ciò fa male. Molto male. La Storia si palesa in Quo vadis, Aida? impietosa, forte e chiara. Estremamente diretta e senza edulcorazione alcuna. Eppure, nonostante ciò, questo piccolo e prezioso lungometraggio qualche pecca ce l’ha eccome. E ciò riguarda soprattutto alcuni momenti finali, in cui la regista – pur avendo costantemente mantenuto uno sguardo lucido e maturo – talvolta si è lasciata eccessivamente prendere la mano dall’emotività, finendo per compiere, purtroppo, delle vere e proprie cadute di stile.

Ciò riguarda soprattutto una scena dalla forte componente onirica, in cui Aida rivive una festa da ballo e la macchina da presa in ralenty si sofferma eccessivamente sui volti di ogni singolo personaggio dando vita a un effetto complessivamente poco credibile. Ed è proprio un forte indugiare eccessivo sul dramma, sul dolore personale della protagonista a risultare, man mano che ci si avvicina al finale, decisamente ridondante e superfluo. Le immagini dei cadaveri (ridotti ormai a mucchietti di ossa) uccisi dai serbi parlano da sé. E non hanno (o non avrebbero avuto) bisogno di altre parole.

Peccato. Capita, a volte, che l’emotività giochi dei gran brutti scherzi. E senza queste piccole “sviste” Quo vadis, Aida? Sarebbe stato un film davvero notevole. Eppure, nonostante tutto, questo appassionato e sincero lungometraggio di Jasmila Zbanic riesce complessivamente nei suoi intenti. L’Academy ne sa qualcosa.