Il tema della violenza sulle donne è stato spesso affrontato nei lungometraggi presentati in occasione della 78° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. E ognuno di tali film – chi meglio, chi peggio, s’intende – ha presentato una determinata accezione, una personale prospettiva. Particolarmente interessante, a tal proposito, è “la versione” di Ridley Scott, il quale con il suo The last Duel – presentato fuori concorso – ci ha mostrato ben tre punti di vista differenti. Il tutto, ovviamente, in pieno stile Ridley Scott.

Ispirato a fatti realmente accaduti e ambientato nella Francia del XIV secolo, il film mette in scena le vicende del cavaliere Jean de Carrouges (impersonato da Matt Damon, qui anche autore della sceneggiatura insieme a Ben Affleck e allo stesso Ridley Scott), di sua moglie Marguerite (Jodie Corner) e di colui che un tempo era il suo migliore amico, lo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver). Innamoratosi a prima vista di Marguerite, Le Gris la raggiungerà nel castello in cui abita al fine di avere un rapporto sessuale con lei, che, riluttante, lo accuserà successivamente di stupro.
Le leggi dell’epoca, tuttavia, volevano che fosse proprio un duello – tra il presunto autore del crimine e il rappresentante della parte lesa – a stabilire chi avesse ragione e chi torto. Se, dunque, in seguito al duello tra De Carrouges e Le Gris sarebbe dovuto morire De Carrouges, anche la stessa Marguerite, colpevole di aver professato il falso, avrebbe dovuto essere giustiziata.

Questo messo in scena da Ridley Scott in The last Duel, dunque, è l’ultimo duello del genere che a suo tempo ha avuto luogo prima che tale legge fosse abolita. Interessante, a tal proposito, la particolare struttura narrativa adottata dal regista. Perfettamente tripartito, infatti, il lungometraggio, prima del duello finale, ci mostra i tre diversi punti di vista: quello di De Carrouges, quello di Le Gris e, infine, quello di Marguerite.
Un approccio indubbiamente interessante che ci mostra, di volta in volta, piccole, ma sottili sfumature. Ma sarà davvero così incisivo tale approccio? Nelle intenzioni iniziali, indubbiamente sì, se non fosse per il fatto che, in questo caso, l’andamento dei fatti sia ben chiaro fin dall’inizio e che, dunque, il risultato finale altro non è che un ridondante ripetersi degli eventi. Prima, ovviamente, del grande duello finale, in cui la maestria di Ridley Scott viene fuori in tutta la sua potenza regalandoci momenti di grande pathos e adrenalina.

Ed ecco che ripensiamo inevitabilmente a Les Choses humaines, ultima fatica di Yvan Attal, anch’essa presentata alla Mostra del Cinema di Venezia e anch’essa che ci mostra una situazione simile e con la medesima struttura narrativa. Una struttura narrativa che ci mostra non tre, ma due diverse prospettive e che, appunto, riesce appieno nei suoi intenti.

Fatta eccezione, dunque, per una prima parte piuttosto problematica, The last Duel si è rivelato, comunque, un lungometraggio interessante, più che mai attuale e adrenalinico quando serve.
Ridley Scott – da regista – ha fatto il suo e non ha deluso le aspettative. Dal punto di vista della scrittura, invece, il tutto risulta inevitabilmente un po’ maldestro. Purtroppo.