Tra tutti i generi cinematografici, l’horror è stato quello che in maniera programmatica ha sempre coniugato il macabro con la paura, con risultati a volte memorabili come nel caso di Suspiria di Dario Argento e di La casa dei mille corpi di Rob Zombie. Ma anche la commedia non ha mai chiuso gli occhi davanti alla morte e ha cercato di esorcizzarla attraverso l’arma dell’umorismo macabro. Il maestro storico assoluto dell’umorismo funereo è stato Luis Bunuel il quale, dall’ iniziale inquadratura dell’ “occhio tagliato” in Un chien andalou fino a molte sequenze degli ultimi film, come quella del “brigadiere insanguinato” in Il fascino discreto della borghesia, ha sempre trattato il tema della morte nella chiave surrealista impiegata da Breton in letteratura e da Magritte in pittura. Su un altro versante, quello dell’umorismo british, il campione del genere è stato Alfred Hitchcock il quale in fatto di divertimento macabro resta insuperabile in tutte le sue opere, con risultati esilaranti soprattutto in La congiura degli innocenti dove il cadavere del povero Harry viene sepolto e dissepolto più volte da tre persone diverse che credono erroneamente di aver causato la morte dell’uomo e con fare impassibile lo spostano da un posto all’altro per trovare un nascondiglio sicuro come se fosse la cosa più normale del mondo.
Comunque, a distinguersi nella produzione di opere venate di comicità a sfondo macabro è stato il cinema inglese che dagli anni ’60 in poi ha allineato molti titoli godibili, a cominciare da Sette allegri cadaveri di Pat Jackson per continuare con quelli diretti da Freddie Francis per la Amicus, una società specializzata in opere a basso costo di genere horror e thriller permeate di risvolti umoristici da contrapporre a quelle serie della ricca Hammer Film. La formula adottata con successo da Francis (futuro direttore della fotografia per Elephant man di Lynch) è quella del portmanteau, più episodi legati da una cornice narrativa unitaria come si vede,ad esempio, in Le cinque chiavi del terrore del 1964, in I Racconti dalla tomba girato nel 1972 con un inquietante gusto del macabro (ripreso dai fumetti Tales from the crypt dell’americana EC Comics) e in La bottega che vendeva la morte del 1973. Sempre dall’Inghilterra viene nel 1971 a firma di Robert Fuest l’eccentrico e bizzarro L’abominevole dottor Phibes, dove un ironico e vendicativo Vincent Price escogita le sette piaghe d’Egitto per punire i medici che non seppero salvare l’amata moglie (cui seguirà l’anno dopo il secondo capitolo Frustrazione, sempre con un grande Phibes- Price e con scenografie fantastiche tra art decò e pop). La tradizione del macabro si applica in chiave di commedia satirica anche in opere che prendono spunto da funerali da organizzare o in corso per avanzare pungenti osservazioni di critica dei costumi, cosa che accade nel brioso Il caro estinto girato nel 1965 negli Usa dall’ex-arrabbiato del free cinema inglese Tony Richardson dove il regista prende di mira il culto della morte diffuso presso gli americani a base di saloni di bellezza per le salme e bare firmate da rinomati costruttori , mentre in seguito il rito funebre sarà occasione per far luce sui segreti di famiglia nella farsa nera Funeral party realizzata nel 2007 da Frank Oz. (continua).
Angelo Moscariello