Il topos della mutazione del corpo umano in qualcosa di diverso ha suscitato l’attenzione del cinema fin dalle sue origini e si è rivelato subito congeniale a questa arte che ha uno dei suoi elementi fondanti nella capacità di modificare le forme di persone e di cose. Fu proprio questa capacità “metamorfica” che fece innamorare del cinema uno scrittore “immaginifico” come D’Annunzio, il quale elesse a protettore di esso Ovidio, il poeta latino delle Metamorfosi, e si cimentò anche in un esperimento di metamorosi visiva filmando la trasformazione della mitologica Dafne in alloro, almeno nella parziale trasformazione del braccio della ninfa che si muta in ramo. La letteratura riprenderà più volte il tema della metamorfosi, da Apuleio che in L’asino d’oro fa diventare il protagonista un somaro fino a Kafka che nel racconto La metamorfosi  descrive il personaggio diventato uno scarafaggio.

Ma è stato proprio il cinema che ha saputo sfruttare il motivo della mutazione con mille efficaci varianti sempre più avanzate dal punto di vista tecnico. Negli anni ’50 è una costante nel genere fantascientico, dove compaiono tanti casi di umani mutati in orribili creature a causa di scellerati esperimenti scientifici, come accade nel prototipo Il mostro della laguna nera girato da Jack Arnold dove esordisce la figura dell’uomo-pesce che inaugura la lunga serie dei gill-man cinematografici. Più simili agli umani e per questo più pericolosi sono gli alieni che assumono sembianze umane per conquistare la Terra in L’invasione degli ultracorpi diretto da Don Siegel, mentre una mutazione da uomo a insetto la vediamo in L’esperimento del dottor K. Firmato da Kurt Newman, dove uno scienziato si sottopone a un esperimento che lo trasforma in una mosca (situazione che sarà ripresa negli anni ’80 in chiave più cruenta da David Cronenberg in La mosca). Un’altra trasformazione ricorrente è quella da uomo a lupo, già mostrata negli anni ’40  da George Waggner in L’uomo lupo e in seguito ripresa negli anni ’80 con effetti sbalorditivi da Joe Dante in L’ululato e da John Landis in Un lupo mannaro americano a Londra.

Anche il filone del vampirismo sfrutta le trasformazioni in tempo reale per cui il conte cambia il volto da rassicurante in feroce o l’intero corpo in pipistrello svolazzante in tanti film su Dracula da quelli post-classici della Hammer diretti tra il ’58 e il ’65 da Terence Fisher  fino al barocco Dracula di Bram Stoker girato nel 1992 da Coppola ,passando attraverso il  caso della  seducente rock-star Grace Jones che nel 1986 in Vamp di Richard Wenk si trasforma in una vampiressa the-brood-3sanguinaria dal volto orribile a vedersi. I vampiri, come i licantropi, nelle loro trasformazioni si giovano dei progressi della tecnica di ripresa che consentono di passare dal tradizionale uso della dissolvenza in successione (già usato nel 1931 anche in  Il dottor Jeckill e mr. Hyde di Mamoulian) al ricorso di effetti speciali che mostrano le mutazioni in diretta (cosa che avviene anche in La cosa di Carpenter dove la “cosa” è uno spaventoso mutaforme).

Ma il vero segno di rottura nel genere è rappresentato dallo schifoso mostriciattolo che fa la sia comparsa nel 1979 in Alien, un ibrido biomeccanico creato da Giger che inaugura la nuova generazione di mutanti che avranno il loro trionfo nei body horror del cinema di Cronenberg in titoli sulla “nuova carne” diretti dal regista lungo gli anni ‘80 quali Scanners, Brood e Videodrome, ai quali corrispondono sul piano spettacolare della fantascienza le figure dei cyborg che agiscono nelle serie di Terminator e di Robocop.

Angelo Moscariello