Con Die Hard, sul finire degli anni ’80, John McTiernan cambia le regole del classico Action Movie all’americana per dar vita ad una interpretazione del genere che, come direbbero molti, ha fatto scuola.
Ad oggi, saranno in pochi a non aver visto la celebre saga di Die Hard, iniziata dal regista John McTiernan nel 1988 per poi scavalcare gli anni duemila con l’ultimo capitolo, il quinto, arrivato al cinema nel 2013.

Venticinque anni dopo la prima apparizione sullo schermo dell’amatissimo protagonista della saga, John McClane, Die Hard rimane una pietra miliare del cinema d’azione, che ben si distingue dai suoi predecessori. Lontano da quegli eroi stereotipati, superuomini e supermacho, alla Schwarzenegger o Stallone per intenderci, il McClane di Die Hard ritrae l’uomo comune, ben piazzato e pronto ad agire, ma non impossibile da collocare nel mondo. Insomma, non era il solito eroe-macchina tutto urla e pallottole che alle lunghe sembra troppo invincibile per risultare interessante e credibile.
Bruce Willis e il suo John McLane
In ogni film di Die Hard, nei panni del protagonista, neanche a dirlo, c’è Bruce Willis, che oggi non ha certo bisogno di presentazioni, ma che nel 1988 era ancora un novellino per Holywood. I registi cambiano, ma il protagonista ha sempre lo stesso volto degli inizi, rughe a parte. Bruce Willis, sul finire degli anni ’80, non era assolutamente la prima scelta, ma neanche la seconda terza e quarta, per il ruolo di McClane e addirittura, almeno inizialmente, il suo volto non compariva neanche sui cartelloni pubblicitari, che si limitavano a riportare il titolo del film.

Willis era agli esordi, veniva dall’esperienza del telefilm Moonlighting e da Appuntamento Al Buio con Kim Basinger, insomma, si muoveva nella commedia romantica e non tutti credevano potesse reggere, sulle sue inesperte spalle, un film d’azione di questa portata; McTiernan fortunatamente non era d’accordo. Quell’atteggiamento sornione e divertito, mescolato a quella sottile aria da duro ben piazzato, ha reso Bruce Willis il perfetto uomo americano comune, che era proprio quello che doveva essere McClane.
Un uomo, non un eroe, che non si prende troppo sul serio, che dubita di se stesso, che si autocommisera e che non è quasi mai convinto di farcela, contrariamente a quelle invincibili macchine da guerra che popolavano i film d’azione fino a poco prima. Un bel passo avanti in fatto di credibilità.
Azione e sottrazione
Certo l’azione e le esplosioni in Die Hard non mancano, non parliamo certo di un film d’amore, ma oltre a quello c’è di più, c’è la satira e la denuncia sociale, il thriller e la commedia che si fondono a colpi di proiettili e battute, i secondi fini mascherati da “nobili” intenzioni; c’è una storia di persone, non solo di buoni e cattivi che si scontrano. I personaggi sono veri, ben caratterizzati, hanno un mondo alle spalle che portano nella storia e la giustificano. L’incredibile sceneggiatura, infatti, è alleggerita da quel solito peso crudo del piombo, grazie all’inserimento dei tratti tipici della commedia, che smorzano la tensione descrivendo altre sfumature dei protagonisti e della società, rendendo tutto più vero e credibile. C’è da dire, infatti, che McClane sia più che altro un antieroe, un uomo finito nel luogo sbagliato nel momento sbagliato e costretto a rimboccarsi le maniche e trasformarsi, per forza di cose, in un impavido combattente. Distante anni luce dall’indomabile Rambo, con tanto di fascetta in fronte e fisico scolpito, John McClane è un poliziotto, ma prima di tutto un padre di famiglia, legato a quegli affetti che lo rendono umano e vulnerabile, ma che allo stesso tempo gli conferiscono quell’essere pronto a tutto per proteggere ciò che ha di più caro.
Die Hard : la saga
Ogni capitolo della saga è diverso eppure il protagonista è sempre lo stesso. A tenere unito tutto è infatti proprio Bruce Willis, personaggio fisso nonostante il continuo cambiamento di cast, attori e soprattutto registi. Cambiano gli stili, sia nel montaggio che nei semplici movimenti di macchina, condizionate da registi ed ambientazioni sempre diverse. Se prima la macchina da presa segue McClane tra gli stretti cunicoli dell’edificio preso di mira dai rapinatori, con movimenti fluidi che lo seguono come un’ombra, nell’ultimo capitolo il tutto sembra farsi più macchinoso, esplosivo ma poco legato al primo capitolo. Nonostante tutto però, andiamo a vedere i cinque film nel dettaglio.
Trappola di Cristallo

Il primo film, nonché memorabile inizio della saga è Die Hard – Trappola di cristallo, con la spettacolare regia di John McTiernan.
Forte del successo di Predator, il regista sceglie d’ispirarsi al romanzo thriller, “Nulla è eterno, Joe” di Roderick Thorp, per modellare la sua pellicola campione d’incassi. John McClane è un poliziotto che da New York torna a Los Angeles per passare le vacanze di Natale in famiglia. La moglie, che si trova nel grattacielo in cui lavora, dove è in corso una festa aziendale, è coinvolta insieme ai colleghi in un attacco da parte di un gruppo di criminali.
Alla testa dell’operazione criminale c’è Hans Gruber, interpretato dal grande Alan Rickman, che si nasconderà dietro al pretesto di voler vedere liberi i fratelli della rivoluzione, ma in realtà è interessato unicamente ai soldi presenti nell’edificio. A salvare la situazione, tra battute, collegamenti radio e colpi di scena, dovrà pensarci John.
58 minuti per morire – Die Harder

Il cambio della regia si fa sentire nel secondo capitolo della saga, del 1990, diretto da Renny Harlin, che sembra più che altro fare un copia-incolla del film precedente. Sempre Natale, sempre la moglie in pericolo che va salvata e sempre dei cattivi da eliminare. Cambia però la location, che dal grattacielo si sposta in un aeroporto e poi in una vecchia chiesa.
Aerei dirottati, 58 minuti per salvare sua moglie, insieme a tutti i passeggeri di un volo che riceve false informazioni e John che si ritrova, di nuovo, a dover combattere affinché il suo matrimonio sia salvo.
Die Hard – Duri a morire

Nel 1995 torna McTiernan alla regia e riprende da dove aveva lasciato, cioè dal suo primo capitolo, l’originale. Il nemico qui è Simon Gruber, fratello del terribile Hans, interpretato da Jeremy Irons che con i suoi giochi mentali allarga l’azione a tutta New York, claustrofobica, trafficata e che sembra quasi risucchiarti. Come suo fratello, Simon si nasconde dietro intenzioni più grandi al solo fine di ottenere la ricchezza desiderata.
Sembra che le vere aspirazioni, buone o cattive che siano, di affermazione oppure di vendetta, siano sempre e comunque rimpiazzate dalla volontà di soldi e potere: unico motore di una società rovinata. Torna la mano riconoscibilissima di McTiernan e torna anche la celebre frase di John “Yppi Yà Yè figlio di puttana!“, ma stavolta al suo fianco c’è Zeus Carver, un grandissimo Samuel L. Jackson.
Die Hard – Vivere o morire

Uscito nel 2007, il film è diretto da Len Wiseman, lo stesso di “Underworld”. Il nostro John McClane, nel quarto capitolo della saga, ha il compito di scovare un giovane hacker informatico, interpretato da Justin Long, che diventerà il suo compagno di viaggio nella ricerca dei terroristi di turno.
Tutto è cambiato, è il 2007 e le fisiche rapine in banca sono sostituite da internet, dai virus e dai geni informatici nascosti dietro a dei monitor, in questo caso c’è Thomas Gabriel, con il volto di Timothy Olyphant.
Die Hard – Un buon giorno per morire

John è adulto, anche perché siamo nel 2013 ed a tenere le redini di tutto c’è sempre Bruce Willis. Una sorta di passaggio di testimone in famiglia era necessario, per cui scende in campo Jack McClane, figlio di John, interpretato da Jai Courtney. La storia, stavolta diretta da John Moore, è ambientata in Russia, dove John arriva per ripescare suo figlio finito in prigione. La verità, però, sarà diversa da quella che John si aspettava e il livello d’azione, inseguimenti e macchine ribaltate, forse era diversa da quello che si aspettava il pubblico.
C’è da dire che, lungo tutti i film, che si protraggono per diversi anni ed epoche, quello che rimane sempre intatto, puro e divertente come nel 1988 è proprio Bruce Willis, nei panni di McClane. Il filo conduttore di tutti i sequel è lui, con il solito umorismo, che sia ben o mal bilanciato dalle sue molteplici spalle, rimane a fare da contrappeso ad un film d’azione e di esplosioni. Una delle saghe d’azione migliori e più famose, con un inizio strepitoso e inarrivabile, come spesso accade per tutti i sequel protratti negli anni, ma che ha continuato ad appassionare il pubblico più affezionato fino all’ultimo capitolo.