Parliamo del Festival di Berlino, ricordando i trionfi del nostro paese in terra straniera. Tra le vittorie che ricordiamo con più piacere c’è sicuramente l’Orso d’oro che nel 1991 venne assegnato a La casa del sorriso, il grande dramma firmato Marco Ferreri.

Il film, presentato anche al Festival di Cannes dello stesso anno dove ottenne una candidatura alla Palma d’Oro, è un connubio di speranza e malinconia, in un quadro di rassegnazione che aspetta solo di essere stravolto dallo scorrere degli eventi.

La storia ruota attorno a degli anziani che vivono in una casa di riposo, in Emilia-Romagna, dove vengono trattati in modo inumano da un personale negligente e privo di empatia.
La vita all’interno della casa è monotona e priva di speranza, ma i personaggi si uniscono per ribellarsi contro il sistema e cercare di ottenere un po’ di dignità e rispetto.
Nello specifico, il focus è incentrato su Adelina (Ingrid Thulin) e Andrea (Dado Ruspoli), due ospiti che sviluppano un’intesa molto speciale, la quale però viene malvista dagli altri inquilini e dal resto del personale.

Il film, estremamente intenso e toccante, riesce con arguzia a catturare l’essenza della solitudine e della disperazione degli anziani, vittime di un declino di cui non hanno di fatto alcuna colpa e contro cui non hanno potere. Marco Ferreri, in questo senso, ha saputo creare un’atmosfera cupa ed opprimente, ma allo stesso tempo capace d’infondere una scintilla di speranza e d’umanità.

A supportare la trama, il cast fornisce delle provi eccellenti e di spessore, in particolare Michel Piccoli, capace di addossarsi un’interpretazione ricca di frustrazione e tristezza, comunicando più di quanto i dialoghi non lascino trasparire.
È da sottolineare anche lo splendore dei personaggi di controllo, con delle grandi manifestazioni di recitazione da parte di Vincenzo Cannavale e Maria Mercader.

In sostanza, La casa del sorriso merita la visione, per una serie di molteplici ragioni.

La sua critica sociale è pungente, portata in alto in un periodo storico che ancora non spiccava come oggi in quanto ad apertura mentale e tutela dei diritti del singolo.
L’intensa, nonché purtroppo realistica, rappresentazione degli anziani che la pellicola mette in scena ha il merito di accarezzare una tematica spinosa con la giusta delicatezza e sapienza, tipica dei grandi cineasti.

Trattasi di un monito contro l’indifferenza e la negligenza, un invito a guardare alla persona anziana con uno sguardo più rispettoso e comprensivo.
Commovente, toccante, emozionante, la storia che Marco Ferreri confeziona nel suo lavoro può essere ad oggi ricordata come una delle gemme del nostro cinema.