The New World usciva nelle sale italiane il 13 gennaio 2006. Dopo 15 anni, bisogna prendere atto che, nel tentativo di smarcarsi dal punto di vista tematico ed espressivo dal suo precedente La Sottile Linea Rossa, Terrence Malick, finì per confezionare un prodotto che, se da una parte rimaneva troppo ostico e dal ritmo eccessivamente lento per il grande pubblico, dall’altra era inequivocabilmente coerente nel cercare di una rappresentazione del concetto di diversità e ignoto come “regno della mente”.

La trama di The New World, altro non era che la riproposizione della storia di Pocahontas, la famosa “principessa” indiana già protagonista di un lungometraggio Disney che, ovviamente, aveva modificato ed edulcorato profondamente la sua vicenda.

Ambientato nei primissimi anni del XVII secolo, il film ripercorre la fondazione della prima colonia puritana nel Nuovo Mondo, a Jamestown, in quella Virginia che fu la “ghianda” da cui nacque la quercia degli Stati Uniti.
Qui, facciamo la conoscenza del Capitano John Smith (Colin Farrell), che durante una ricognizione, viene catturato dai nativi Powhatan. Sul punto di essere giustiziato, viene sorprendentemente salvato dall’intervento della figlia del capo, Pocahontas (Q’orianka Kilcher). In breve il legame tra i due diventa così profondo da renderli entrambi dei paria nei rispettivi schieramenti.
John Smith alla fine, decide di lasciarla e far ritorno alla sua vita di marinaio, fingendosi morto. A questo punto, affranta e distrutta dal dolore, Pocahontas farà la conoscenza del mite John Rolfe (Christian Bale), anch’egli perdutamente innamorato della giovane nativa americana.
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I primi contatti tra nativi e coloni inglesi, furono già di per sé un piccolo microcosmo della incomunicabilità tra due stili di vita e popoli assolutamente inconciliabili per valori e punti di vista.
Malick esplora le differenze tra queste due visioni del mondo, si concentra sul loro rapporto con una natura che non rende assolutamente mai le cose facili, sovente pare quasi tirare fuori il peggio dalle persone o meglio, amplifica il loro spettro emotivo.
Colin Farrel è sicuramente perfetto nel rendere l’idea di un uomo senza una chiara direzione o coscienza di se stesso, mutato profondamente da ciò che lo circonda, ma in ultima analisi incapace di accogliere del tutto questo cambiamento.
The New World è ricco di silenzi, coadiuvato dalla colonna sonora di James Horner, intramezzata da Mozart e Wagner con l’obbiettivo di abbracciare il senso di compiutezza ed armonia con l’universo.

Il Film svolta deciso verso la giusta (ma prevedibile) nobilitazione dei nativi, del loro equilibrio con se stessi e con la natura.  Q’orianka Kilcher, la sua Pocahontas, è una sorta di piccolo folletto dei boschi, uno spirito puro che pian piano viene portato dalla follia dell’uomo bianco dentro un universo fatto di caos, ipocrisia, un mondo che non può capire e che finirà col distruggerne l’essenza.

The New World visivamente rimane un’opera di grande bellezza, anche grazie alla fotografia di Lubezki, ma ha il grosso problema di una dimensione narrativa, troppo canonica rispetto alla resa estetica di Malick, che quando viene piegata ad un iter “classico”, crea un insieme davvero poco coerente.
Christian Bale appare abbastanza impacciato in un ruolo inadatto alla sua espressività, alla fin fine tutto viene lasciato nelle mani della Kilcher, che con la sua recitazione, affidata esclusivamente a fisicità ed espressività, regala l’interpretazione migliore.
La sua trasformazione non smette ancora oggi di affascinare e stregare, così come la capacità di Malick di rendere credibile il tutto, dai dialoghi alle interazioni, dalle battaglie all’umanità eterogenea che si confronta.
Sovente Malick si dimostra capace di creare quasi un documentario, rende esplicito e riuscito cinematograficamente il concetto di scoperta, di paura legata all’ignoto, di diversità in ogni sua forma.

Tuttavia, rispetto ad altri suoi film, The New World fallisce sul piano emotivo, risulta davvero troppo piatto e monocorde, prevedibile, per quanto intimo in modo inaspettato. Aspira ad un’epicità che però gli sfugge, centra invece la delicatezza del tono, il concetto di incontro tra culture in una love-story iniziale resa in modo perfetto dal punto di vista mimico, espressivo, dove ancora una volta centrale è il concetto di scoperta e curiosità.The-new-world-Terrence-Malick

Il Nuovo Mondo non è solo quello dei coloni in Virginia, ma anche la Gran Bretagna con i suoi edifici in pietra e moltitudini di persone in strada.
Malick è diretto nell’esprimere il suo punto di vista: la civiltà occidentale, con il suo concetto di accumulazione dei beni, di sporcizia morale che contamina la materialità ed egoismo, è il male che ha rovinato il mondo.
Pocahontas sarà distrutta dal vaiolo, altro “dono” degli occidentali ai nativi, ma la realtà è che comincia a morire nel momento in cui la civiltà le chiude addosso una gabbia fatta di etichette, vestiti, regole nuove e proibizioni.
Ritorna anche qui, come in The Tree of Life, la contrapposizione tra natura e intelletto umano, libertà e schiavitù di una civiltà fatta di classi sociali, ranghi e abiti che incasellano la nostra dignità e posizione nel mondo.

Un grande ritratto antropologico e storico, in cui anche la concezione della vita e dello scorrere di essa è utilizzato dal regista per illuminare senza alcuna consolazione o limitazione i perché di un conflitto quasi naturale ed inevitabile.
The New World a quindici anni di distanza, rimane forse l’opera più incompresa di Malick, da certi punti di vista anche la meno incisiva nel tono, ma non per questo un film di poco conto o merito, non per questo un tentativo non riuscito di gettare una luce sulla terribile rigidità del mondo “civile” e sul tradimento dell’Occidente verso la natura.