L’odierna infinita possibilità di connessione e di informazione non ci rende affatto soggetti liberi, anzi al contrario ci rende schiavi di noi stessi.
Questo pericolo è denunciato dal filosofo Byung-Chul Han il quale tratteggia la nuova società del controllo psicopolitico, una società che non impone divieti ma anzi ci invita a condividere ogni aspetto della nostra vita, desideri ed opinioni compresi.
Questa società ci seduce e ci lusinga mentre intanto mappa la nostra psiche e la quantifica attraverso i big data stimolando l’uso di dispositivi di automonitoraggio per ottimizzare le nostre prestazioni. In questo nuovo panottico digitale, come afferma il filosofo, con internet, gli smartphone e google glass veniamo twittati e postati e i nostri dati personali sono monetizzati e commercializzati.

Un modo per sfuggire a questa subdola rete potrebbe essere quello di diventare eretici rispetto al pensiero dominante e cancellare dalla nostra vita i dispositivi sopra elencati per evitare di venir profilati nella mente e nel corpo. Pensiamo che oggi grande virtù sarebbe quella di non essere virali ma di restare unici.
Il cinema da parte sua ha denunciato il fenomeno sopra descritto con documentari e film tra cui segnaliamo The social dilemma girato nel 2020 e Lo and behold realizzato nel 2016 da Werner Herzog, opere in cui si denuncia il sistema degli algoritmi come una macchina che diventa autonoma e sfugge a ogni controllo con esiti disastrosi.
La verità è che i reali effetti dei social media sui giovani registrati dagli psicologi sono depressione, ansia, fragilità e persino suicidi. Esemplare sull’argomento a in versione ludica è la serie televisiva The circle che descrive un reality game ad eliminazione dove ognuno non è quello che è in un aggiornamento del famigerato Il grande fratello.

Almeno per ora il rimedio per limitare il danno potrebbe essere quello di inventare dopo il vaccino contro le influenze stagionali un vaccino contro le influencer attive tutto l’anno al servizio della pubblicità.
Negli ultimi anni il più esteso canale influencer dei media è stato la serie televisiva in più stagioni La casa di carta, una serie di grande successo mondiale che si è fatta generatrice di un sentimento collettivo di rivolta contro il potere che opprime e affama i poveri.
Lo ha fatto favorendo l’identificazione di ogni spettatore con uno degli eroi della vicenda a seconda del luogo e della condizione in cui vive in maniera che si faccia anche lui seguace virtuale dell’anarchico professore mascherato da Salvador Dalì nel suo piano di assalto alla Zecca nazionale con lo scopo di redistribuire la ricchezza dai ricchi ai poveri.
Di fatto la serie spagnola contiene dettagli differenziati a seconda della nazione dove viene trasmessa per consentire una profilazione dei gusti e delle aspettative degli spettatori a beneficio del marketing pubblicitario che accompagna la messa in onda delle singole stagioni con il supporto di eventi mondani, premi di fedeltà e incontri con gli attori, il tutto con una colonna sonora che nei momenti cruciali esplode con le note e le parole della canzone Bella Ciao a simbolo dell’idea stessa di Resistenza.
Alla fine diventiamo tutti resistenti a tutto, ma non al potere mediatico di quella piattaforma di streaming online che si chiama Netflix che ha trasmesso La casa di carta in tutto il mondo con l’intento di una profilazione inavvertita di milioni di spettatori.
[…] nel 2023 e, se non l’aveste notato, i social network sono diventati parte integrante non solo della nostra quotidianità, ma anche del tessuto sociale. […]