Martin Bourboulon con I tre Moschettieri – D’Artagnan rispolvera il capolavoro di Alexandre Dumas e per il suo racconto, di cappa e spada, riunisce un cast francese d’eccezione.
Per I tre moschettieri – D’Artagnan, Bourboulon sceglie di restare fedele al classico della letteratura francese, con il giovane guascone D’Artagnan che sogna d’entrare tra le fila dei celebri moschettieri del Re, ma che è obbligato a passare per infinite peripezie prima di dirsi tale.
Arrivato a Parigi dal sud della Francia, D’Artagnan, qui interpretato da Francois Civil, rischia la vita sin da subito, ma da prova altrettanto velocemente d’essere all’altezza di ogni duello, anche di quelli al fianco dei famosi tre moschettieri: Athos, Porthos e Aramis, qui rispettivamente Vincent Cassel, Pio Marmai e Romain Duris, perfetti dall’inizio alla fine rendendo bene l’idea del serio romanzo storico in costume, pur divertendo il pubblico in sala per 120 minuti.

Quindi, la scelta del regista di seguire fedelmente il testo originale si rivela più che giusta, e nonostante questa sia l’ennesima trasposizione cinematografica del romanzo di Dumas, c’è da dire che Bourboulon riesce a dare al suo film una marcia in più.
Sì, perché qua e là la storia si tinge di maniere tipicamente moderne, con personaggi femminili ben delineati approfonditi e dettagliati e con aggiunte e cambiamenti funzionali alla narrazione; insomma, tutto è gestito con una minuziosa precisione, come se l’elemento moderno venisse distillato lungo le due ore di narrazione, in modo da rendere la pellicola molto fluida ma comunque come uscita da un tempo lontanissimo.
In fondo siamo nel 1625, e per chi non dovesse ricordare la storia de I tre moschettieri, il regista lo aiuta con un breve recap, in sovrimpressione, con date e eventi precedenti da tenere a mente prima dell’inizio del film. E così il film inizia: con ambientazioni naturali e rurali, campi lunghi su un mondo che poco ha da spartire con quello odierno tra carrozze, cavalli abiti dell’epoca e tante spade. E sono proprio le spade a scandire il ritmo della pellicola di Bourboulon, sonanti e affilate che danno sfoggio di sé dall’inizio alla fine, perché I tre moschettieri sarà anche un film storico, ma l’azione la fa da padrone.

Quindi via a scontri, sotterfugi, intrighi di corte e clero, amori e morti, onore e tradimenti tutto sotto il regno di Luigi XIII, qui interpretato perfettamente, in tutte le sue stranezze, da Louis Garrel.
A minare lui e il suo regno, protetto con onore e fedeltà dai moschettieri c’è Richelieu, Eric Ruf, che trama nell’ombra insieme a Milady, una splendida Eva Green che è sia femme fatale che spietata calcolatrice. E ancora la Regina, Vicky Krypes, altro tassello che fa traballare il regno di Luigi XIII, con la sua storia d’amore clandestina che spetterà a D’Artagnan mantenere segreta.
In due ore di film c’è praticamente ogni cosa: l’onore e l’aspirazione tipica del tempo, i duelli per risolvere la qualunque, i giochi di potere e in tutto ciò il regista riesce a ritagliare uno spazio anche per l’amore tra Costance, Lyna Khoudri e D’Artagnan, mai invadente ma neanche relegato sullo sfondo. Sulla stessa linea è da citare il personaggio di Hannibal, Ralph Amoussou, ispirato a Louis Anniaba, primo moschettiere nero della Francia.

E sono proprio i personaggi ben caratterizzati a fare de I tre moschettieri – D’Artagnan un film ben riuscito, oltre ovviamente ai 70 milioni di budget che vengono mostrati sullo schermo fino all’ultimo centesimo.
Serio ma non da prendersi troppo sul serio, grazie ad una leggera ironia che non cade mai nella banale commedia in costume; fisico, con colpi di spada e schiocchi di lama che rievocano antichi duelli; insomma, un classico capace d’essere moderno negli intenti e nei messaggi, il film di Bourboulon è una rivisitazione degna dell’ormai inflazionato romanzo di Dumas.
Dal 6 aprile al cinema, I tre moschettieri – D’Artagnan riporta, per il tempo di due ore, la Francia nel 1600.