Una lucertola dalla pelle di donna è un un thriller/giallo psicologico del 1971 diretto dal Godfather of gore Lucio Fulci.
Nonostante sia il suo venticinquestimo film, è la seconda incursione del regista in questo genere, dopo aver esordito con il notevole L’una sull’altra.
Questo thriller è noto per il suo stile unico e per aver contribuito al genere del cosiddetto “giallo all’italiana“.
La trama del film ruota attorno alla protagonista, Carol (Florinda Bolkan). Dopo aver sognato di uccidere brutalmente il suo vicino di casa, Carol inizia a sospettare di essere coinvolta in un omicidio. Sulle tracce della verità, si immerge in un vortice di intrighi, segreti e perversioni che metteranno a dura prova la sua sanità mentale.
Una delle caratteristiche distintive della pellicola è l’uso creativo della fotografia e delle inquadrature. Fulci sfrutta al massimo lo sfondo gotico di una Torino anni ’70, creando una cornice cupa e inquietante.
Questo, insieme agli effetti visivi straordinariamente realizzati dal maestro Carlo Rambaldi, contribuisce a creare un’atmosfera sinistra e surreale.
Le performances degli attori sono generalmente convincenti, con la Bolkan che si distingue particolarmente per la sua capacità di trasmettere la complessità e la vulnerabilità del personaggio di Carol.
Anche gli altri membri del cast offrono interpretazioni solide, contribuendo a rendere credibili gli enigmi e i pericoli che affrontano. Non particolarmente memorabile, invece, la prova di Jean Sorel, già protagonista del precedente film del regista.
Lucio Fulci dimostra di essere un maestro del genere, mescolando sapientemente elementi di suspense, erotismo e mistero. Le scene in cui Carol scopre indizi e tracce dell’omicidio sono particolarmente potenti, creando una tensione palpabile che coinvolge lo spettatore.
La sequenza in cui la Bolkan viene improvvisamente aggredita da un gruppo di pipistrelli attirò il plauso di Mario Bava, maestro dell’horror italiano. Ma il momento più famoso del film è probabilmente quello in cui la protagonista apre la porta del laboratorio di una clinica e si trova davanti quattro cani vivisezionati. La scena costò al regista un processo intentato da una società protettrice degli animali. I cani, però, erano opera di Rambaldi. Fulci vinse la causa portando in aula gli animali finti, prova schiacciante non solo a livello giudiziario, ma anche del talento del maestro degli effetti speciali.
Il regista aveva scelto come titolo del film La gabbia, ma la produzione impose Una lucertola con la pelle di donna per sfruttare il successo della trilogia degli animali di Dario Argento, composta da L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio.
Probabilmente il titolo scelto da Fulci esprimeva ancora di più le sue intenzioni. Non voleva spaventare lo spettatore, lo voleva intrappolare in una dimensione psichedelica e onirica. Voleva perturbarlo. Disturbarlo. E, nonostante il cambio del titolo, ci è riuscito lo stesso. E’ un maestro della suspense. E, proprio riguardo a questo, si possono trovare molti riferimenti al re indiscusso della tensione: Hitchcock.
Ad esempio, il tributo a Io ti salverò è la messa in scena di una versione più artigianale e casereccia del famoso sogno creato da Dalì.
Sono evidenti i rimandi alle doppie personalità di Psycho e c’è una vera e propria (forzata) citazione a Gli uccelli.
Nonostante la sceneggiatura sia piuttosto confusa e sia facile perdersi nell’intreccio, Lucio Fulci dà vita a un’opera che è un’esplorazione affascinante della psiche umana, affrontando tematiche come l’incesto e l’erotismo morboso in modo crudo e schietto.
Una lucertola dalla pelle di donna è un film degno di nota per gli amanti del cinema giallo e del thriller psicologico che spinge gli spettatori a interrogarsi sul confine tra realtà e illusioni. L’atmosfera misteriosa, l’interpretazione intensa degli attori e la regia magistrale di Fulci rendono questo film un’esperienza indimenticabile per chiunque cerchi qualcosa di diverso e intrigante.
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