Ben 37 anni dopo la vittoria di Barbra Streisand, una donna regista si aggiudica il Golden Globe nella categoria più ambita, ma anche più maschile di tutte. La trentottenne cinese Chloe Zhao , con il suo “Nomadland”, vince nella sezione miglior regia. Il suo trionfo è anche un successo per tutto il genere femminile. Il 2021 ha visto tre candidate registe ai Golden Globe su cinque, cosa mai accaduta prima. Citando Variety:

Questo è l’anno delle donne

Infatti, la corsa agli Oscar potrebbe vedere una donna vincitrice come miglior regista. Un evento raro, dato che nella lunga storia degli Academy Awards, solo
cinque donne sono state nominate.

Ma quali sono le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere? Ecco le “Magnifiche Sette” secondo Cabiria!

Alice Guy

Magnifiche Sette: le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere
Alice Guy-Blaché (1873–1968) è la prima donna regista della storia del cinema.

Siate Naturali!

Questa era l’indicazione che dava agli attori che recitavano nei suoi film. Era un concetto fondamentale per lei, tanto da scriverlo a caratteri cubitali su un cartello nel suo studio. Autrice di quasi mille film, questa regista francese diresse la maggior parte delle sue storie. La sua vita è stata straordinaria, come le sue pellicole. Fu una pioniera, ma come sovente accade alle donne, anche alle più straordinarie, il suo nome è stato a lungo dimenticato. Solo dopo la pubblicazione di una sua autobiografia postuma nel 1976, Alice Guy ha finalmente ottenuto il posto che le spetta tra i registi del cinema muto.
Per ripercorrere la sua formidabile vicenda biografica e professionale, vi consigliamo di leggere Alice Guy. Memorie di una pioniera del cinema (2008, edito da: Cineteca di Bologna) e di guardare il documentario diretto da Pamela B.Green e narrato da Jodie Foster Be Natural: The Untold Story of Alice Guy-Blanché.

Elvira Notari

Magnifiche Sette: le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere
Elvira Notari è la prima donna regista italiana e una delle prime della storia del cinema mondiale.

In 25 anni ha realizzato più di sessanta lungometraggi e centinaia di cortometraggi e documentari, tutti prodotti dalla sua casa di produzione.
Nata a Salerno nel 1875, iniziò la sua attività da regista dopo l’incontro con suo marito Nicola Notari, da cui prese il cognome. Lui era un fotografo e insieme fondarono la loro casa di produzione, che negli anni tramutò il nome in Dora Film. Oltre all’attualità, raccontavano storie spesso tratte da romanzi popolari d’appendice o da canzoni napoletane di successo. Dagli anni venti i prodotti della Dora Film sbarcarono anche sul mercato americano, tanto da avere una sede anche a New York.

Elvira Notari era una pioniera sia nella produzione che nel marketing. Utilizzava delle tecniche di avanguardia, colorando a mano i fotogrammi delle sue pellicole e sincronizzando le immagini con musica e canti interpretati dal vivo. I suoi film erano una sorta di spettacolo multimediale. Inoltre, precedeva e seguiva la produzione del film, dall’acquisto dei diritti per la scrittura, ai rapporti con la stampa per pubblicità e recensioni dopo l’uscita del film.
L’artista, inoltre, insegnava recitazione in una Scuola di arte cinematografica che aprì lei stessa. Controcorrente anche in questo, Elvira Notari suggeriva una recitazione naturalistica, senza eccessi di pathos tipici dell’epoca. In effetti, la sua metodica sembra anticipare il modo di raccontare del neorealismo italiano. Con l’avvento del sonoro, la Dora Film chiuse i battenti e si trasformò in casa di distribuzione. Buona parte del materiale fotografico e cinematografico della Notari si trova al Museo internazionale del cinema e dello spettacolo (MICS) di Roma.

Agnes Varda


Agnès Varda, classe 1928, pioniera e protagonista della Nouvelle Vague
, è stata l’unica donna nel club accanto a Truffaut e Godard.
Francese di origine belga dall’inconfondibile taglio di capelli alla Fantaghirò, nella sua lunga carriera ha creato e raccontato eroine risonanti. I suoi film esplorano l’universo femminile e il rapporto tra donna e società attraverso una regia intima e raffinata, tanto da essere stata definita la prima regista femminista.

Forse anche per questo Agnès Varda è stata di grande inspirazione per altre cineaste donne. Fotografa al Théatre National Populaire di Jean Vilar, aveva esordito nel 1954 con il mediometraggio La Pointe-Courte (montato da Alain Resnais e con un giovanissimo Philippe Noiret).
I suoi film di finzione più noti sono: Cleo dalle 5 alle 7(1962), Il verde prato dell’amore(1965), Senza tetto né legge (1985), Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia.
Molto interessanti sono anche i suoi racconti documentaristici, come quelli sulle Black Panthers (1968) dedicato al processo agli esponenti delle Pantere Nere e Mur Murs (1981) sulla street art. È stata la prima donna a ricevere l’Oscar alla carriera (2018) ed essere candidata all’Academy Award nello stesso anno per il suo documentario Visages Villages.

Lina Wertmüller

Magnifiche Sette: le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere
Era il 1977 quando fu candidata all’Oscar Lina Wertmüller
.
Classe 1928, è stata la prima donna regista a essere nominata dall’Accademy per Pasqualino Settebellezze, un film dalle atmosfere felliniane che ritrae magistralmente il folklore napoletano.
E’ anche grazie a Fellini che ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo del cinema come aiuto regista in 8 1⁄2 (1962) e La dolce Vita (1960).
Lina non è solo l’orgoglio d’Italia, ma anche un esempio per tutte le donne. La Wertmüller è un’artista poliedrica che con passione e dedizione ha cambiato profondamente il corso della storia e dell’arte. Sostiene da sempre che il cinema è un lavoro di squadra e che per dar vita a un capolavoro, devono funzionare perfettamente tra loro tutti gli ingranaggi.

La sua continua ricerca di una storia che meritasse di essere raccontata, l’ha portata a essere scrittrice, sceneggiatrice e autrice di testi di celebri canzoni, come Viva la Pappa col pomodoro cantata da Rita Pavone o Mi sei scoppiato dentro al cuore di Mina.
Dietro ai suoi inconfondibili occhiali bianchi, Lina Wertmüller ha raccontato l’esasperazione dei ruoli maschili e femminili in un’Italia perennemente in lotta con la propria identità. Molti dei suoi film sono diventati dei cult e sono famosi per avere dei titoli eccentrici e lunghissimi (comunque, mai quanto il suo nome completo Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich).
Impossibile non citare due dei suoi film più noti con l’ineguagliabile coppia Giancarlo Giannini- Mariangela Melato: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) e Mimì metallurgico ferito nell’onore (1972) con il quale fu la prima donna in concorso a Cannes.
La sua filmografia è ricca di perle cinematografiche che sono state successi sia commerciali che artistici, tanto da farle ottenere un Oscar alla Carriera nel 2020. E’ uscito da poco, edito da Mondadori, Tutto a posto e niente in ordine, un libro ricco di racconti e interviste che ci permettono di conoscere meglio una donna di Cinema con la D maiuscola. Un’artista che in un momento storico in cui la politica di genere vorrebbe che si producessero più film di registe donne dichiara: “

Non si può fare questo lavoro perché si è uomo o si è donna. Lo si fa perché si ha talento. Questa è l’unica cosa che conta per me e dovrebbe essere l’unico parametro con cui valutare a chi assegnare la regia di un film.

Chapeau, Lina! Ci auguriamo che in un prossimo futuro questo tuo pensiero venga condiviso da molti.

Kathryn Bigelow

Spero di essere la prima di tante. Ma sono grata se posso ispirare un giovane, intrepido e tenace filmaker, sia esso maschio o femmina, e far vedere loro che l’impossibile è possibile, e che mai bisogna rinunciare ai propri sogni. Certo è incomprensibile che ci siano voluti 82 anni per questo Oscar. Ma ora la barriera è caduta,

diceva a caldo in sala stampa Kathryn Bigelow. Sono passati quasi 11 anni da allora e lei resta ancora l’unica donna ad aver vinto un Oscar nella sezione Miglior Regia. Il primo film di Kathryn Bigelow è del 1983 con uno sconosciuto Willem Dafoe: The loveless, ma è grazie a Oliver Stone, che l’aiuta a produrre Blue Steel – Bersaglio mortale (1990), che la sua carriera decolla. In questo film, Jamie Lee Curtis è una donna poliziotto molestata da un killer psicopatico. Temi e storie toste, blockbuster di guerra e d’azione… generi considerati tipicamente maschili, ma che caratterizzano la filmografia di questa abilissima regista statunitense. La sua affermazione professionale arriva nel 1991, con Point Break, storia di onde, surf e rapine interpretata da due bellissimi di Hollywood; il biondo Patrick Swayze e il moro Keanu Reeves. Un cult nel cinema anni ’90.

In quegli anni Kathryn divide la vita con il regista James Cameron. Il loro matrimonio dura solo qualche anno, ma la loro collaborazione artistica andrà avanti. Soprattutto con il geniale Strange Days (1995) , sci- fi distopico, scritto e prodotto dall’ex marito e diretto dalla Bigelow con mano sapiente e coinvolgente. Ma è con The Hurt Locker (2010) che la regista entra nella storia del cinema. Arriva dove nessuna donna era mai arrivata. Sul podio per la miglior regia. Ben sei Oscar per questo film di guerra, ricco di adrenalina ed esplosioni. La crudezza con cui racconta farebbe pensare che dietro l’obiettivo ci sia chiunque, ma non di certo una signora. Ed è proprio qui che sta il suo grande talento.

Kathryn Bigelow abbatte gli stereotipi. Fa parlare il suo talento, non il genere a cui appartiene, ed emoziona con la macchina da presa. Lina Wertmuller sarà sicuramente fiera di lei!

Jane Campion

Magnifiche Sette: le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere
Dalla lontanissima Nuova Zelanda con amore: Jane Campion. La prima donna ad aver vinto la Palma d’Oro a Cannes, nel 1993.
Ci sono voluti altri 25 anni affinchè un’altra donna vincesse lo stesso premio, ovvero Sofia Coppola. Ma questa è un’altra storia…
Le protagoniste dei film di Jane Campion hanno forti personalità che si affermano e si distinguono dal contesto sociale che le circonda. Molto amata da critica e pubblico, le sue pellicole sono ricche di riferimenti al mondo della musica, della letteratura e del cinema colto.

La sua prima creazione è il cortometraggio Super 8 Tissues. Seguono altri corti come Buccia che nel 1982 le fa vincere una Palma d’Oro, Momenti di passione (1983) diretto con Gerard Lee; Mishaps of Seduction on Conquest” (1984), Storia di una ragazza (1984) e After Hours (1984).
Ma è con il capolavoro Lezioni di piano (1993) che scrive un pezzo della storia del cinema.
La pellicola le fa portare a casa un Premio Oscar come Migliore Sceneggiatura Originale e una Palma d’Oro al Festival di Cannes e grazie a questo film, Jane Campion è la seconda donna a ricevere una nomination come Miglior Regista. A questo punto dovreste ricordare chi fu la prima, no? La nostra grande Lina. Lezioni di Piano è poesia e realismo in un film solo. Ada (Holly Hunter) pianista muta, si ritrova in Nuova Zelanda per un matrimonio combinato. A parlare per lei, sono le note del suo pianoforte. Nessun personaggio contemporaneo è mai riuscito a fare a meno delle parole emozionando così tanto. Il merito va anche alla stupenda colonna sonora composta da Michael Nyman, ma ogni elemento di questo film contribuisce a renderlo unico e speciale. Così tanto che, in verità, nessun film successivo a questo è riuscito ad eguagliarlo. Ma la filmografia di questa regista è ricca di titoli interessanti, come Ritratto di Signora (1996) con Nicole Kidman, In the Cut (2003) con Meg Ryan e Bright Star (2009) che racconta gli ultimi anni di vita del poeta John Keats.

Sofia Coppola

Magnifiche Sette: le registe che ogni cinefilo dovrebbe conoscere
Un cognome, una garanzia. Come avevamo già spoilerato, Sofia Coppola è la seconda donna premiata come miglior regista al Festival di Cannes.
Con il suo film, The Beguiled (L’inganno 2017), remake della pellicola di Don Siegel, con Clint Eastwood (1971) l’artista statunitense viene insignita della prestigiosa Palma d’Oro.
Sofia Coppola è regista, sceneggiatrice e a attrice. Il cinema è nel suo DNA. Figlia di Francis Ford Coppola, sorella del regista Roman Coppola, cugina di Nicolas Cage, Jason Shwartzman e Robert Carmine e nipote dell’attrice Talia Shire… il suo destino era segnato. Ma col il suo talento e il suo modo intimo e speciale di raccontare, ha trovato la sua strada nonostante un cognome così importante che avrebbe potuto schiacciarla.

Sofia Coppola aveva molti interessi, tra cui moda, fotografia, musica e design. Inizialmente non intendeva diventare una regista. Però, dopo aver girato il suo primo cortometraggio Lick the Star (1998) ha compreso che il cinema riunisse tutte le cose che amava e ha deciso di continuare le sue attività cinematografiche. Debutta dietro la macchina da presa con Il giardino delle vergini suicide (1999) , film che già mostra il suo stile di raccontare da autrice originale, un mix di onirico e pop che fa parte di tutta la sua filmografia. I temi della malinconia e della solitudine ci sono anche nel suo film Lost in translation (2003) diventato un cult movie degli anni duemila. Sullo sfondo di una città incomprensibile, due solitari (Bill Murray e Scarlett Johansson ) si fanno compagnia.
Sofia Coppola si aggiudica l’Oscar alla migliore sceneggiatura originale, il Golden Globe per la migliore sceneggiatura, l’Independent Spirit Award per il miglior regista e per la miglior sceneggiatura. Nel 2006 arriva un’altra candidatura alla Palma d’oro, dirige il film biografico Marie Antoinette conquistando ormai le platee internazionali. E’ con Somewhere (2010) che si aggiudica il Leone d’oro al miglior film alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia raccontando un rapporto padre-figlia attraverso il quotidiano, con uno stile minimalista e una fotografia neutrale. Quando basta vedere un fotogramma di un film per riconoscere chi sia il regista, significa che il regista in questione ha creato qualcosa di unico e personale. Le pellicole di Sofia Coppola hanno il suo female gaze, ovvero sguardo sul femminile come lei stessa lo ha definito. Uno stile fatto di atmosfere sospese, fotografia curata nei minimi dettagli che mostrano la sua personalità eclettica, ricercatezza nei colori, nei costumi, nelle musiche. Basta una scena in silenzio di un suo film qualsiasi, per riconoscere il suo grande talento.